PENSIERO ANALITICO EUROPEO
Europa Anni ‘70: un “pensiero” analitico
BRESCIA | E3 arte contemporanea | 17 gennaio – 3 marzo 2015
articolo di MATTEO GALBIATI
L’anno della galleria E3 arte contemporanea di Brescia si apre con una mostra collettiva che dichiara, per i suoi contenuti e per le attente scelte eseguite, la passione e l’interesse dei suoi galleristi per un certo tipo di linguaggi e di ricerche. Una mostra concentrata nel numero di pezzi, ma con una puntuale selezione di nomi e di opere che guardano alla grande e articolata stagione “analitica” che ha contraddistinto quel sentire comune e condiviso – fatte le debite specifiche considerazioni sull’individualità degli esiti – che, in paesi differenti, ha orientato lo sguardo di molti artisti su una meticolosa ricognizione di cosa fosse e rappresentasse la Pittura.
Abbiamo avuto modo di ripetere spesso quanto, negli Anni Settanta, la pittura pareva essere ormai destinata ad un oblio irreversibile, soggiogata da quelle nuove espressioni che risultavano tipico esito di quella contemporaneità che pareva destinata a scardinare e sovvertire gli strumenti più “tradizionali”. In quel clima culturale molti artisti – senza mai farne un gruppo o una corrente coesa – hanno affermato con concentrazione e determinazione la forza invalicabile e assoluta della pittura. Hanno fatto “resistenza”. Proprio a quel momento di salvaguardia e di indagine ancor più attenta e sensibile al mezzo pittorico, si rivolge questa mostra di pochi pezzi, tutti scelti con cura e, soprattutto, lo ripetiamo, con grande e sincera passione. Del resto, mentre visitiamo la mostra, il gallerista Walter De Rossi non nasconde la soddisfazione per l’esito raggiunto che riesce, appunto, a tracciare una breve traiettoria – con pochi nomi certo – attraverso quella cruciale fase storica.
Nelle due sale dello spazio bresciano si incontrano i nomi di alcuni artisti che, tra Italia, Francia e Germania, hanno dato un contributo determinante a quel rigoroso sguardo che ha attraversato l’idea e le costituenti stesse della pittura: ci accolgono le tele di Riccardo Guarneri (1933) in cui il segno cromatico si afferma latente nelle pieghe di una luce viva e accesa, tra sparizione e apparizione il suo segno rivendica un desiderio di chiarezza e nitore. Vicino a questa sensibilità osserviamo le opere di Gianfranco Zappettini (1939) che, con due pezzi che offrono quel suo desiderio di assolutezza anonima, riportano l’attenzione su un colore che si fa processo e movimento, assorbendo nella sua impronta l’espressione energica di un gesto non più indispensabile a trascrivere il carattere dell’artista.
Nel francese Noël Dolla (1945) la meditazione sul colore si attua anche attraverso una sostanziale revisione del supporto che, abbandonate le impostazioni canoniche del telaio, libera la tela sulla parete, rendendola un sudario trasfigurante che ribalta il presupposto stesso della visione dell’opera pittorica.
Di Carmen Gloria Morales (1942) si ammira una piccola opera su carta in cui si può leggere, quasi fosse un progetto da rendersi esecutivo, la sua modalità dialogica dove, due elementi differenti, costituiscono il contrappunto, quasi fossero poli opposti, di un raffronto con gli strumenti e le strutture essenziali della pittura.
Davvero coinvolgente il pezzo di Paolo Cotani (1940) in cui il colore pare stratificarsi e lasciar emergere, poco per volta, la sua mutabilità attraverso lo stratificarsi di bende che avvolgono la struttura del telaio. La dimensione del dipinto non si identifica più, nonostante la mantenga, con la canonica forma del “quadro”, ma con una logica dialettica legata alla conoscenza – e coscienza – del proprio fare.
Nel fare tedesco Winfred Gaul (1928-2003) riscontriamo una particolare attitudine a “miscelare” le costituenti primarie della prassi pittorica: tela, telaio e colore. Sono i suoi punti chiave, le fondamenta basilari di un linguaggio che da questi si indirizza, poi, alla radice stessa dell’idea del dipingere, ora impronta di un’esperienza di scelte mirate e ponderate.
In questa mostra fa piacere anche trovare un lavoro di Gottardo Ortelli(1938-2003) che, raffinato poeta del colore, riporta attenzione sulle possibilità mutanti e cangianti di un colore che, seppur legato come segno al supporto della tela
Più segnica e scritturale resta l’intensa matrice cromatica del franceseClaude Viallat (1936) che nel gesto e nell’imprimitura sospende forme che si ripetono in una ir-regolare duplicazione che scrive non solo la forza e l’energia del colore, ma anche assorbe l’identità stessa dell’artista.
Restando sempre in ambito francese Vivien Isnard (1946) porta la tela a superare il limite del telaio e a sospendere lo spessore delle sue coordinate segniche e materiche nello spazio. Quasi un reperto vissuto dal tempo, l’esito intrigante del suo lavoro si presenta come una traccia delle coordinate dei principi astratti, lavorati con un’attenzione all’infinita dinamica che generano nell’atto visivo che, costantemente, li rigenera.
Di Edgar Hofschen (1941) si offre un interessante esempio della sua passione a solcare di segni la tela, la volontà astrattiva si mutua con passaggi di stato dove il materiale acuisce il suo ruolo cardine e primigenio. Il colore diventa un segno tangibile e reale, a concretizzare quell’aspetto concettuale e mentale che resta una risultanza marginale rispetto al suo stesso apparire tangibile.
Questi esempi, tracce di ricerche che si sono articolate nel corso di decenni individuando una comune radice in un sentimento che ha solcato, a vario titolo, tutta l’Europa riportano l’attenzione di chi le osserva non solo sull’oggetto “pittorico” o sulle sue modalità esecutive, e neppure limitandosi al principio della loro manifestazione, ma sullo stesso modo di pensare alla Pittura.
Pensiero analitico europeo
Opere di: Paolo Cotani, Noël Dolla, Winfred Gaul, Riccardo Guarneri, Edgar Hofschen, Vivien Isnard, Carmen Gloria Morales, Gottardo Ortelli, Claude Viallat, Gianfranco Zappettini
Matteo Galbiati